"Era come se il vento di sud che aveva liberato la città dalla pioggia vulcanica avesse iniziato a dissolvere anche la caligine nera che avvolgeva "Era come se il vento di sud che aveva liberato la città dalla pioggia vulcanica avesse iniziato a dissolvere anche la caligine nera che avvolgeva quell’indagine."
Primo romanzo con protagonista il vice-questore Giovanna Guarrasi detta Vanina, alle prese con un cold case dopo il ritrovamento in una villa di un corpo mummificato.
Lettura godibile nonostante si regga su alcune macchiette tutto sommato inutili come ad esempio la bellissima Marta totalmente all’opposto della protagonista: alta, magra, del Nord e soprattutto vegana e quindi esangue Vs. una Guarrasi dedita ad ogni sorta di leccornìa della succulenta gastronomia siciliana.
La storia è un po' traballante ma la piacevolezza di questa lettura è soprattutto nelle atmosfere di una Sicilia che amo profondamente. Tra Catania dove è la Montagna a fare da padrona e la splendida provincia con le sue campagne e le sue spiagge.
La sabbia nera è la cenere vulcanica che ricopre ogni cosa e come un crimine irrisolto nel passato necessita di una bella spazzata…
Ho alternato la lettura all’ascolto dell’audiolibro. Complimenti alla voce narrante di Chiara Anacito che interpreta egregiamente storia e dialoghi. ...more
Come il “dolore fantasma” di un arto amputato, Krista e Aaron sopravvivono ai traumi di un delitto. Lei, figlia dell’indiziato numero uno:Fragilità
★★★½
Come il “dolore fantasma” di un arto amputato, Krista e Aaron sopravvivono ai traumi di un delitto. Lei, figlia dell’indiziato numero uno: l’amante. Lui, figlio della conturbante Zoe: la vittima.
Un filo narrativo che salta nel tempo avvolgendo e riavvolgendo il nastro di un dramma che continua a ritornare. Ogni volta che ascoltiamo un episodio di cronaca nera dovremmo pensare a quante vite si distruggono: spesso e volentieri i figli pagano le colpe di genitori. Ferite su cui ogni giorno cadono manciate di sale.
Ancora una volta Joyce Carol Oates mette in scena uno dei tanti drammi della provincia americana e dimostra la sua maestria nello scavare nella psiche di vittime e carnefici.
Se, tuttavia, cercate un romanzo dal ritmo serrato Uccellino del paradiso non fa per voi soprattutto nella prima parte del romanzo dove si entra in un vortice rindondante che ci porta direttamente nel dolore di una ragazzina la cui vita si è distrutta in un attimo.
"Una famiglia si disgrega una sola volta, lo capisci di colpo cosa significa."
Una storia di sopravvissuti, di fragili ali come quelle di un uccellino...
«Qual è il tuo scopo nella vita?». «Divertirmi, e poi crepare».
Max e Flora è un romanzo insolito innanzitutto per la sua storia editoriale che ved«Qual è il tuo scopo nella vita?». «Divertirmi, e poi crepare».
Max e Flora è un romanzo insolito innanzitutto per la sua storia editoriale che vede la luce nel 1972 con una pubblicazione a puntate su un giornale yiddish di New York e, in secondo luogo, per il soggetto stesso della storia, ossia la vita di alcuni ebrei malavitosi nel primo novecento.
Max e Flora sono una coppia di coniugi appena arrivati a Varsavia da Buenos Aires dove hanno aperto una fabbrica di borsette o, perlomeno, questa è la versione ufficiale. In realtà, i due oltre agli affari legali si occupano di procurare ragazze per un bordello argentino. Nel perfetto stile parvenu si dilettano nello sfoggiare soldi, gioielli e alloggiano nel miglior hotel della città:
”Chi avrebbe mai detto che lui, Mottele il Bastardo, un giorno sarebbe diventato ricco, e avrebbe posseduto immobili e negozi a Buenos Aires? Che avrebbe avuto una bella moglie, un’ex attrice, e sarebbe sceso all’Hotel Bristol? Tutto questo lo aveva ottenuto perché mentre gli altri bevevano, giocavano a carte, truffavano qualche povera venditrice del mercato per pochi spiccioli o vivevano alle spalle di una puttana di via Smocza, lui usava il cervello. Ridessero pure, quei pezzenti: ride bene chi ride ultimo. E dov’erano oggi, quei furbetti? La maggior parte di loro marciva in galera o crepava di fame.”
Una coppia in completa sintonia così come i cari amici che vanno a trovare: Meir e Leah. Meir, detto Panna Acida è il re di via Krochmalna. Un ricettatore e falsario largamente noto. Leah, la moglie un’ex prostituta.
Il titolo originale The Visitors rende meglio l’idea di questi due viaggiatori che sembrano saldi nel loro amore tranne sgretolarsi con un nonnulla. L’incontro con una ragazzina di quattordici anni rivela l’essenza di Max e da quel momento il romanzo è tutto Max e poco Flora.
Max che ancora prima della svolta dice che le donne «sono state create,per servire gli uomini, di giorno e di notte» è uno dei personaggi più abietti della letteratura.
La storia in sé innervosisce e si ritorce contro se stessa immergendosi nella follia del protagonista che credendo di essere colui che inganna scopre all’improvviso di essere un ingenuo..
La forza di queste pagine, secondo me, sta semplicemente nelle descrizioni ambientali di una Varsavia pre-sovietica
A quell’ora la strada era ancora deserta ma i tram circolavano già, gremiti di gente che andava al lavoro. Max aveva sentito dire che in Russia nel 1905 i manifestanti avevano annunciato che avrebbero spodestato lo zar, e che i lavoratori sarebbero andati al potere. Ma non se n’era fatto niente. Lo zar era ancora lo zar e gli operai continuavano a sudare nelle fabbriche e a vivere negli scantinati. E se anche lo zar fosse stato cacciato e la Russia fosse diventata una repubblica, ci sarebbe sempre stato chi poteva permettersi di scendere in quell’albergo di lusso, e chi sarebbe andato in giro coi calzoni laceri e lo stomaco vuoto. Max inspirò profondamente. L’aria sapeva di foglie, di erba, di alberi in fiore che spargevano i loro petali. Una brezza fresca soffiava dall’altra sponda della Vistola, o forse anche da Wola, portando con sé l’odore dei campi e dei frutteti. "
E’ innegabile che ormai da una quindicina d’anni la crescita di intolleranze ed allergie sia stata il l’imput perché la ricerca in campo nutrizionale E’ innegabile che ormai da una quindicina d’anni la crescita di intolleranze ed allergie sia stata il l’imput perché la ricerca in campo nutrizionale ampliasse le ricerche. La gente comune stessa – compreso chi qui sta scrivendo- si è posta e si pone la fatidica domanda: «A cosa è dovuta la crescita vertiginosa di reazioni, in particolar modo alimentari?»
Una vera e propria epidemia (tanto che alcuni cinici hanno parlato, ad esempio della celiachia, come fosse una moda!) di cui Enzo Spisni (direttore del laboratorio di Fisiologia traslazionale e nutrizione all’Università di Bologna) ci parla in questo volume.
Il testo analizza, innanzitutto, il mondo delle intolleranze proseguendo poi con le sensibilità, le allergie e dedicando una sezione apposita alla questione della celiachia. Per finire dando alcune indicazioni pratiche su come gestirsi una dieta ad eliminazione.
Il succo di tutto non è certo una sorpresa. Sappiamo benissimo come una alimentazione affidata ai cibi, cosiddetti, super – processati, abbia scatenato tutta una serie di reazioni a catena. Non solo additivi e coloranti ma le modificazioni stesse di prodotti che la natura ha creato in un modo preciso ma l’uomo ha manipolato ai fini produttivi. Un caso esemplare è quello del grano che è stato trattato fino ad aumentare vorticosamente la componente glutinica con le conseguenze che sappiamo.
Ci sono, tuttavia, anche intolleranze genetiche di cui tutti soffriamo (” metà della popolazione italiana che è geneticamente intollerante al lattosio e neppure lo sa.”) ed altre acquisite dall’ambiente ma al di là delle classificazioni una cosa è certa: dovremmo tutti mangiare meno prodotti industriali!
La trattazione di Spisni è molto interessante e riguarda non solo chi accusa ogni giorno dolore, gonfiori e problemi intestinali ma anche chi ha episodi sporadici perché comunque possono essere campanelli d’allarme. Le intolleranze e le allergie possono arrivare a qualsiasi età.
” Le allergie alimentari possono iniziare con reazioni modeste, ma tendono quasi sempre a peggiorare man mano che il sistema immunitario impara a riconoscere con le esposizioni successive l’elemento scatenante.”
Harlan Jane Eagleton apre una scatola di sardine. E’ seduta su un autobus Greyhound che la porterà al prossimo raduno dove, con la sola imposizione delHarlan Jane Eagleton apre una scatola di sardine. E’ seduta su un autobus Greyhound che la porterà al prossimo raduno dove, con la sola imposizione delle mani, guarirà. Harlan, infatti è una guaritrice.
Questa linea narrativa principale è, in realtà, una sorta di esca che inanella pensieri e flashback continui e discontinui. Un groviglio di tematiche (molte delle quali veramente interessanti) che sanno di troppo. Una vera e propria esondazione: da quando faceva la manager per una cantante rock (e a volte rap), si va a ritroso a quando faceva l’estetista e poi – ancora prima- quando era nel salone di bellezza della mamma per poi rifare un salto in avanti e parlare del matrimonio con Norvelle, un antropologo che studia le pratiche tribali mediche e con il quale Harlan farà un viaggio in Africa…
Una vita piene di incontri casuali e determinanti dove l’elemento magico farà di lei una guaritrice. Per guarire, tuttavia, le ferite del corpo occorre prima sanare lo spirito e farlo partendo da se stesse..
Ho fatto una gran fatica a portare a termine questa lettura ma, nonostante ciò,trovo interessante Gayl jones di cui leggerò quanto prima il romanzo Corregidora, esordio del 1975 decantato da Toni Morrison. Insomma, per me, una garanzia....more
”.. si perdona qualsiasi crimine, tranne quello di avere un’opinione diversa.”
Dopo aver letto l’autobiografia (ormai introvabile) in cui Emma Go”.. si perdona qualsiasi crimine, tranne quello di avere un’opinione diversa.”
Dopo aver letto l’autobiografia (ormai introvabile) in cui Emma Goldman racconta la sua vita negli anni dal 1917 al 1928 e principalmente incentrata sulla sua esperienza con la Rivoluzione Sovietica, ritorno agli anni in cui infuocava le masse americane.
Il dono della parola è l’arma di cui si è servita per svelare, smascherare le trame di potere e diffondere il verbo anarchico così carico (ieri come oggi) di pregiudizi e falsità di ogni genere.
Questo volume –che si guadagna facilmente un posto sullo scaffale «breve ma denso» - comprende dodici discorsi che vanno dal 1908 al 1934 e, come si evince dai titoli spaziano su vari argomenti:
1. Quello in cui credo (1908) 2. Anarchismo: per cosa davvero si batte (1910) 3. Psicologia della violenza politica (1910) 4. Il carcere: un crimine sociale e un fallimento (1910) 5. Una nuova Dichiarazione d’Indipendenza1(1909) 6. Una donna senza nazione (1933) 7. Il patriottismo: una minaccia per la libertà (1910) 8. Sindacalismo: teoria e pratica (1913) 9. La filosofia dell’ateismo (1916) 10. Il matrimonio e l’amore (1910) 11. L’ipocrisia del puritanesimo (1910) 12. La mia vita è valsa la pena? (1934)
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Senza barriere, senza sconti, senza attenuanti.
Goldman decostruisce la società puntando l’indice sulle convenzioni consolidate mostrandone i lati volutamente lasciati all’oscuro.
Parole di fuoco per cui John Edgar Hoover (primo direttore del FBI) la chiamò: «La donna più pericolosa d’America». Il pericolo è quello d’insinuare l’idea di libertà, di smascherare tutte le insidie insite nei nazionalismi.
Lascio un pensiero che ben si adatta a questi nostri giorni:
”La tesi secondo cui un esercito e una marina forti sono la miglior garanzia per la pace è altrettanto logica della tesi secondo cui il cittadino più pacifico è quello che va in giro armato. L’esperienza quotidiana dimostra che l’individuo armato è immancabilmente ansioso di dar prova della propria forza. Storicamente, vale lo stesso per i governi. I paesi davvero pacifici non sprecano vite ed energie a preparare la guerra, ed è solo così che si mantiene la pace.” ...more
M’imbatto in questo autore grazie alla Sfida della Poesia e prendo in prestito il volume dalla biblioteca.
[imageVelimir Chlebnikov questo sconosciuto.
M’imbatto in questo autore grazie alla Sfida della Poesia e prendo in prestito il volume dalla biblioteca.
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Tradotto da Paolo Nori che in postfazione dà qualche barlume non tanto su ciò che ho letto ma sulla percezione dell’autore in questione.
Il dato principale è che Chlebnikov fu autore futurista, corrente a cui tutto si concede e perdona compreso il fatto di essere illeggibile. Nori racconta di come un autore coevo, ad esempio, pubblicando il conto di una lavanderia del signor XX, sostenesse la superiorità delle strofe rispetto all’Onegin (romanzo in versi di Aleksandr Puškin)...
Chlebnikov, in realtà, non è così illeggibile, e se non mi è arrivato completamente è perchè, seppur sia vero che dobbiamo conoscere il contesto degli autori e delle autrici, è altrettanto importante (e soprattutto con la poesia) riuscire a specchiarci in ciò che si legge.
Un esempio:
Rifiuto
Per me è molto più piacevole Guardare le stelle Che firmare una condanna a morte. Per me è molto più piacevole Ascoltare la voce dei fiori, Che sussurrano «È lui» Chinando la testolina, Quando attraversano il giardino, Che vedere gli scuri fucili della guardia Uccidere quelli Che vogliono uccidere me. Ecco perché io non sarò mai, E poi mai, un Governante.
I colonizzatori europei giunti nei nuovi (per loro) territori americani non solo portarono con sé usi e” Tutto era mostruosamente vago e incerto.”
I colonizzatori europei giunti nei nuovi (per loro) territori americani non solo portarono con sé usi e costumi dei propri paesi di origini ma credenze e leggende spesso in comune anche con gli altri pionieri. In questo breve romanzo classico e, perlopiù, misconosciuto, Irving Washington mette in scena una ghost story con protagonista la comunità olandese.
Tutto comincia da Dama Heyliger, una vedova che rimasta sola con il figlio Dolph, viene aiutata dai suoi concittadini a sbarcare il lunario. Il piccolo, tuttavia, crescendo, dimostra un carattere scapestrato che preoccupa alquanto la madre pensando che nessuno avrebbe dato un lavoro ad un giovane così spregiudicato. Coglie quindi al volo l’occasione fortuita di un posto vacante come apprendista presso un vecchio dottore. Tutto sembra procedere bene finchè un giorno il medico compra una casa in campagna che si dice sia infestata dai fantasmi.
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L’avventuroso Dolph viene incaricato di sfatare questa credenza che, inaspettatamente, lo porterà..molto lontano…
Lettura molto piacevole che inanella un racconto dentro l’altro in una magica cornice.
Accade sempre, comunque, che una verità celata produca una dozzina di menzogne correnti. È come una ghinea depositata in banca che viene sostituita da una dozzina di fogli di carta. Prima della fine del giorno, il circondario brulicava di storie." ...more
"Un’emozione intensa la pervadeva, come se avesse ritrovato una parte di sé, quella più intima, senza la quale il ritorno nella sua città natia sar"Un’emozione intensa la pervadeva, come se avesse ritrovato una parte di sé, quella più intima, senza la quale il ritorno nella sua città natia sarebbe rimasto incompiuto."
Cristina Ubah Ali Farah nasce a a Verona da padre somala e madre veronese. Dai tre ai 18 anni vive a Mogadiscio finchè la guerra civile del 1991 costringerà la sua famiglia a scappare.
Ebla voce narrante ed asse portante del racconto, è costretta a separarsi dalla sua adorata figlia Sagal ma al contempo – e a sua insaputa- ci sarà un arrivo a Mogadiscio, anzi un ritorno: Clara, sua figlia di latte, dopo dieci anni, ritorna.
Da qui la narrazione oscilla nel tempo e nello spazio.
Dal villaggio nell’entroterra dove Ebla è cresciuta, degli anni di occupazione italiana a Mogadiscio e degli anni ’50 in cui s’instaura l’Amministrazione Fiduciaria Italiana mentre la Lega dei Giovani Somali rivendica diritti presto tacciati di essere atti di terrorismo (ricorda qualcosa?).
Lettura che mi ha appassionata. Domina il personaggio di Ebla con tutta la sua forza di appropriarsi delle tradizioni e al contempo strapparsene per essere ciò che le è stato insegnato, ossia una donna libera di scegliere il proprio destino. Ebla non sa né leggere né scrivere ma il padre – divinatore ed erborista le insegna a leggere le stelle. Le trasmette un sapere, tradizionalmente, riservato ai soli uomini, le insegna ad essere libera...
"Mia figlia è tornata e camminiamo in strada aperta, la vita è sempre meravigliosa nella luce assolata del giorno, andremo dagli uomini della Lega e non ci daremo per vinte, nessuno può piegarmi la testa, nessuno può spezzarmi le ossa, nessuno può mettermi il cappio, nessuno può toccare le persone che amo. Io sono Ebla." ...more
«Come è bella la Rivoluzione, anche nella sua innegabile barbarie!»
Pubblicato nel 1915, Quelli di sotto (Los de abajo) è l’opera più famosa del m«Come è bella la Rivoluzione, anche nella sua innegabile barbarie!»
Pubblicato nel 1915, Quelli di sotto (Los de abajo) è l’opera più famosa del messicano Mariano Azuela. Medico e scrittore, Azuela, riversa in questo breve romanzo la sua stessa esperienza alla causa rivoluzionaria a cui partecipò come medico di campo.
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Con atmosfere da film western , il romanzo segue la torma scalcinata di rivoluzionari capeggiati da Demetrio Macias, un allevatore di bestiame che reagisce ai soprusi dell’esercito imbracciando le armi. Al gruppo si unisce una figura differente: Luigi Cervantes (alter ego dello stesso Azuela), medico e giornalista, che diventa ben presto il braccio destro del capo.
Se i federali sono accusati di razziare e stuprare, ben presto, i rivoluzionari non saranno da meno.
Ecco che l’opera quindi rivela la disillusione che – seppur non intaccando la fede in una giustizia sociale- vede gli uomini con lenti diverse e spogliati dal mito…
«..La rivoluzione è la tempesta, e l’uomo che si dà ad essa non è più un uomo, diventa la miserabile foglia secca trascinata dalla bufera…»...more
”Io ero quella che ero e dovevo essere quella che ero e nient’altro.”
Adriana lo sa. Sua madre non fa altro che ripeterglielo; giorno dopo giorno f”Io ero quella che ero e dovevo essere quella che ero e nient’altro.”
Adriana lo sa. Sua madre non fa altro che ripeterglielo; giorno dopo giorno finchè l’immagine riflessa allo specchio le conferma questa verità: ”A sedici anni ero una vera bellezza”.
Il corpo: la sua arma, la sua ricchezza di cui si servirà dopo amare delusioni che le faranno abbandonare il sogno borghese di un matrimonio, dei bambini ed una semplice casetta in provincia.
[image] Gina Lollobrigida interpreta La Romana ( 1954- Regia di Luigi Zampa)
Pubblicato nel 1947 ed ambientato durante la Guerra d’Etiopia (una decina di anni prima), il romanzo si muove tra il mondo dei sogni e delle speranze di una giovane ragazza nata in povertà e l’amara realtà da affrontare.
”Avevo capito che la mia forza non era di desiderare di essere quello che non ero, ma di accettare quello che ero. La mia forza erano la povertà, il mio mestiere, la mamma, la mia brutta casa, i miei vestiti modesti, le mie umili origini, le mie disgrazie e, più intimamente, quel sentimento che mi faceva accettare tutte queste cose e che era profondamente riposto nel mio animo come una pietra preziosa dentro la terra.”
Le convenzioni, la morale sono solo costruzioni adatte a chi può permetterselo e Adriana farà sue le parole della madre quando inveisce così:
”È morale forse sfacchinare tutto il santo giorno, lavar piatti, cucire, cucinare, stirare, spazzare, strofinare pavimenti e poi, alla sera, vedersi arrivare il marito stanco morto che appena mangiato va a letto, si volta verso il muro e se la dorme?... Questo è morale eh? Sacrificarsi, non avere mai un momento di respiro, diventare vecchi e brutti, crepare, questo è morale eh?... Ma sapete che cosa vi dico? Che non si vive che una volta sola e, dopo morti, buonanotte... che ve ne potete andare al diavolo voi e la vostra morale...”
Chi parla e racconta è la stessa Adriana, anni dopo, riflettendo su ciò che è stato e soprattutto sugli incontri che così tanto hanno determinato la sua vita
”Oggi mi domando se allora fossi felice. In certo senso lo ero, perché desideravo fortemente una cosa e questa cosa ritenevo prossima e possibile. Poi ho appreso che la vera infelicità viene quando non si hanno più speranze; e non giova allora star bene e non aver bisogno di nulla.”
Tutto comincia con Sergej Nečaev (1847- 1872), uno studente rivoluzionario che sviluppa un comportamento manipolatorio nei confronti dDèmoni e Demòni
Tutto comincia con Sergej Nečaev (1847- 1872), uno studente rivoluzionario che sviluppa un comportamento manipolatorio nei confronti degli affiliati al suo gruppo arrivando all' omicidio che diede luogo ad un processo politico di grande risonanza. Dostoevskij prese la palla al balzo Da tempo nutriva l'ambizione di creare un'opera che evidenziasse i pericoli del radicalismo e dell' estremismo forse anche per riabilitare la sua immagine dopo i trascorsi che lo avevano portato ad essere imprigionato in Siberia.
Mette quindi in scena questi Demòni facendosi ispirare da quel passo del Vangelo di San Luca (8:30-33):
” C'era là un branco numeroso di porci che pascolava sul monte; e i demòni lo pregarono di permetter loro di entrare in quelli. Ed egli lo permise. I demòni, usciti da quell'uomo, entrarono nei porci; e quel branco si gettò a precipizio giú nel lago e affogò.”
Sono quindi uomini infestati da idee pericolose che minano la stabilità dello stato conservatore.
Non che Dostoevskij non avesse idee di giustizia sociale ma la sua Russia non poteva allontanarsi dai dogmi della Chiesa Ortodossa che invece questi demòni ambiscono a distruggere e assieme ad uno Status Quo minano l’anima stessa russa: la spiritualità.
” Parlavano di ateismo e naturalmente liquidavano Dio. Erano contenti, gridavano. A proposito, Šatov assicura che se in Russia si vuole fare una rivolta, bisogna assolutamente cominciare dall'ateismo.”
In quest'ottica, mi aspettavo una narrazione severa ed invece, inaspettatamente, e con mio piacere, il tono è farsesco.
Nella (lentaaa) prima parte troviamo un vero e proprio climax proprio su questi toni: partiamo dalla presentazione di Stepan per arrivare all’apoteosi nell’ultimo capitolo della prima parte dove colpi di scena e schiaffi si susseguono proprio come fosse la chiusura del primo atto di una commedia.
La carrellata di personaggi è veramente nutrita. Non ci stancheremo mai di dire quanta fatica facciamo a districarci con ogni patronimico, secondo il quale ogni volta lo stesso personaggio ci sembra un altro! In ogni caso, quello che mi pare è che tutti siano eccessivi e bisognosi di qualche seduta dall’analista...
Stepan con quel suo bisogno di infarcire il dialogo parlando in francese per ostentare il suo ruolo occidentale e pseudo intellettuale, salvo poi essere un fallimento umano (soprattutto come padre!) e la nobildonna Varvara che lo tratta come una suola di scarpe.
Poi c’è Nikolas Stavrogin una figura ambigua, enigmatica. Così bello ma anche così strano come se possedesse una doppia anima.
Al centro (come ho già detto, di una miriade di altri personaggi) troviamo il subdolo Petr (il figlio di Stepan) che ricalca proprio la figura di quel Nečaev balzato alle cronache del tempo.
Dopo una seconda parte ricca di colpi di scena, il ritmo si fa serrato avviandosi verso un’ineluttabile conclusione ma non prima di aver sottolineato quanto la forza di un popolo (russo) sia insita nella sua spiritualità dato che lo scopo è stato, e sarà sempre, quello della ricerca di Dio.
Dostoevskij lascia a bocca aperta per la sua lungimiranza quando prospetta l’evolversi di alcuni radicalismi :
"Egli propone come soluzione finale del problema la divisione dell'umanità in due parti diseguali. Una decima parte riceve la libertà personale e un diritto illimitato sugli altri nove decimi. Questi invece devono perdere la loro personalità.."
e poi:
"Approva lo spionaggio. Ogni membro della società vigila l'altro ed è obbligato alla delazione. Ognuno appartiene a tutti e tutti appartengono a ognuno. Tutto sono schiavi e nella schiavitù sono uguali. Nei casi estremi, c'è la calunnia e l'omicidio, ma l'essenziale è l'uguaglianza"
La trama principale che segue le mosse dei, cosiddetti, cospiratori è una vera e propria ragnatela di trame parallele e sottotrame.
Ogni personaggi messo in scena ha uno spessore in 3D che porta a sorridere come, ad esempio, nel caso del Karmazinov il grande signore , (...)vanitoso e viziato signore uno scrittore ridicolizzato e che sbeffeggia il padre del nichilismo Ivan Turgenev verso cui non nasconde il suo disprezzo.
Il sorriso poi, però, si spegne in altre pagine dove incombono temi e fatti truci e così ai dèmoni evangelici si affiancano veri e propri demòni che compiono azioni efferate al di là di ogni credo politico..
"... Ci sono dei delitti veramente brutti. I delitti, comunque siano, quanto più è il sangue, quanto più è l'orrore, tanto più sono suggestivi, per così dire pittoreschi, ma ci sono delitti vergognosi, ignominiosi, al di là di ogni orrore, dei delitti, per così dire fin troppo non eleganti."
” Non credi che tutti ci portiamo dietro qualcosa di cui ci vergogniamo? Qualcosa che vorremmo tanto cancellare?”
Un preludio assordante, scaraventa ” Non credi che tutti ci portiamo dietro qualcosa di cui ci vergogniamo? Qualcosa che vorremmo tanto cancellare?”
Un preludio assordante, scaraventa il lettore nel bel mezzo di una parata commemorativa per un giovane soldato morto in Afghanistan. Una farsa in realtà: il corpo non è stato inviato, il feretro è vuoto. Una folla invade le strade di New Canaan (che ho scoperto essere, in realtà, nel Connecticut ) con tutte quelle sfumature che più che differenziare omologano.
”Rispetto alla nostra storia, la parata è importante non per le persone che vi parteciparono ma per le persone assenti quel giorno. Bill Ashcraft e Porno Tina. Stacey Moore, ex campionessa di pallavolo ed ex seguace della First Christian Church. Un ragazzo di nome Danny Eaton che era ancora sotto le armi in Iraq, qualche anno prima di perdere uno dei suoi begli occhi nocciola. Ognuno di loro era assente per ragioni personali, e un giorno tutti quanti sarebbero tornati.”
E proprio su questo ritorno si basa il romanzo:
” Dunque cominciamo piú o meno sei anni dopo la parata offerta in onore del caporale Rick Brinklan, in un’allucinogena notte estiva del 2013. Cominciamo con i cani della storia che ululano, che provano sofferenza in ogni nervo, in ogni muscolo. Cominciamo con quattro automobili e i relativi occupanti che convergono su questa cittadina dell’Ohio da nord, sud, est e ovest.”
Quattro capitoli ad ognuno di loro dedicato più un fanalino di coda per un finale magistrale.
Si procede a scossoni nel tempo un viaggio che ricalca lo stato allucinatorio provocato dalle molte droghe ed alcool. La stessa notte – quasi per una convergenza astrale- Bill, Dan, Stacey e Tina, tornano rituffandosi nella memoria di un passato da cui erano fuggiti per ragioni diverse.
Sembra il solito romanzo americano. Abbiamo già visto e letto tutto eppure non è mai abbastanza. U s a Tanti stati, tante sfumature eppure quella linea che ripercorrere le highways tesa a legarne i confini. La linea dell' eccesso: tutto tanto materialmente eccessivo a gridarci un bisogno di affermare continuamente una grandezza truffaldina. Così è tanta anche la miseria. Generazioni di vitelloni e cheerleaders che pochi anni dopo il diploma fanno la danza del fentanyl piegati sui marciapiedi...
Il mito del liceo come fattore fondativo su cui si basa un passato da cancellare o mitizzare a seconda del ruolo avuto: vittima o carnefice? Popolare o bullizzato? Eroe o vigliacco?
Un esordio importante per Stephen Markley che, sorprendentemente, contiene i semi del suo libro successivo..
”I credenti potevano socchiudere gli occhi e immaginare che fosse la tanto chiacchierata Fine del mondo, la stagione del diluvio universale anziché la prossima volta il fuoco. Molti di loro se l’augurarono in segreto.”
"Ahimè, il mio gruzzolo, il mio povero gruzzolo! il mio amico più caro!"
Andata in scena per la prima volta a al Palais-Royal di Parigi il 9 settem"Ahimè, il mio gruzzolo, il mio povero gruzzolo! il mio amico più caro!"
Andata in scena per la prima volta a al Palais-Royal di Parigi il 9 settembre 1668, la piéce de L'Avaro (in cinque atti) è tra le più rappresentate al mondo con sfumature differenti che vanno a favore a volte più della rappresentazione drammatica ed altre di quella più comica.
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Arpagone (deriva dal greco arpax, arpagos – “rapace” – e poi dal latino harpago, harpagonis, che significa al contempo “uncino” e “ladro”) è un ricco vedovo noto per la sua estrema avarizia.
La storia prende l’avvio da un momento di debolezza del protagonista e cosa se non l’amore può far vacillare un uomo? La passione per una ragazzina di nome Marianna fa perdere la bussola ad Arpagone ma per rimediare al fatto che questa non può permettersi una dote combina due matrimoni proficui per Elisa e Cleante i suoi due figli che, tuttavia, hanno altri programmi...
La forza del testo sta nel doppio che gioca non solo sulla atmosfere tragiche / farsesche ma sul duplice ruolo che ogni personaggio stesso interpreta perché l’intrigo si compia.
Una doppiezza chiara nel sottotitolo dell’opera, ossia: École du mensonge (Scuola della menzogna.) Tutti mentono tranne, per l’appunto Arpagone che rimane fedele al suo vero amore: l’avere. La vera sorpresa, per me, leggendo questo famoso testo della letteratura classica teatrale francese, è scoprire quanto Arpagone sia l’unico personaggio trasparente.
ARPAGONE (grida “al ladro” dal giardino ed entra senza cappello) Al ladro! al ladro! all’assassino! all’omicida! Giustizia, giusto Cielo! sono perduto, mi hanno assassinato, mi hanno tagliato la gola, mi hanno rubato i miei soldi. Chi può essere stato? Che fine ha fatto? Dov’è? Dove si nasconde? Come fare a trovarlo? Dove correre? Dove non correre? Non è qui? Non è lì? Chi è là? Fermati. Ridammi i miei soldi, mascalzone… (Prende se stesso per un braccio) Ah! sono io....more
Questa lunga stanchezza sarà più intensa un giorno
Una silloge che raccoglie i componimenti della poetessa cilena Gabriela Mistral (pseudonimo di LQuesta lunga stanchezza sarà più intensa un giorno
Una silloge che raccoglie i componimenti della poetessa cilena Gabriela Mistral (pseudonimo di Lucila Godoy Alcayaga) che vanno dal 1922 al 1967 (quest'ultimi sono postumi). Quarant'anni in cui è possibile scorgere un'evoluzione poetica che rimane fedele alla propria terra.
La Mistral fu la prima letterata latina ad ottenere un Premio Nobel che le fu assegnato nel 1945 con questa motivazione: “Per la sua opera lirica che, ispirata da potenti emozioni, ha reso il suo nome un simbolo delle aspirazioni idealiste di tutto il mondo latinoamericano.”
Potenti emozioni che scaturiscono dalle sillabe di fuoco che personalmente mi hanno colpito solo a tratti forse per una mancata assonanza su alcuni temi (ad esempio quelli religiosi).
Leggere è sempre qualcosa di molto personale. Leggere poesia è qualcosa di molto intimo e nel mio intimo ad esempio sono entrati questi versi
1 Amo le cose che mai ho avuto con le altre che ormai non ho: Io tocco un’acqua silenziosa, ferma su pascoli di freddo, che senza alcun vento tremava nel vuoto che era il mio orto. La guardo come la guardavo: mi reca uno strano pensiero, e gioco, lenta, con quest’acqua di pesci o di mistero densa. 2 Penso all’uscio dove ho lasciato passi allegri che più non compio, sull’uscio vedo una ferita piena di muschio e di silenzio. 3 Ritrovo un verso ormai perduto, che a sette anni avevo udito da donna che faceva il pane, e la sua santa bocca vedo. 4 Giunge un aroma rotto in raffiche; sono assai allegra se lo sento; così magro che non è aroma, ma solo l’odore dei mandorli. Rende bambini i miei sensi; ne cerco il nome e non lo trovo, e annuso invano l’aria e i luoghi cercando mandorli scomparsi. 5 Un fiume suona qui vicino. È quarant’anni che lo sento. È cantilena del mio sangue o forse un ritmo avuto in sorte. O il fiume Elqui, dell’infanzia che ho guadato e che ho risalito. Mai io lo perdo; stretti stretti, come bambini, ci teniamo. 6 Quando sogno la Cordigliera, cammino lungo le sue gole, e di esse odo, senza tregua, un fischio, quasi un giuramento.